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“Il video rende felici”. La mostra romana sulla videoarte in italia

“Il video rende felici. Videoarte in Italia”,  a Roma è in corso la mostra visitabile dal 12 aprile al 4 settembre 2022 presso la Galleria d’Arte Moderna (GAM) e il Palazzo delle Esposizioni

In mostra la produzione di videoarte e cinema d’artista realizzata in Italia dalla fine degli anni Sessanta al nuovo secolo spaziando tra opere monocanale e installazioni interattive

Videoarte alla Galleria d’Arte Moderna (GAM), Roma

Presso la Galleria d’Arte Moderna le sculture moderne della fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento (da Giacomo Manzù, a Giovanni Prini e Arturo Martini per citarne solo alcuni) interagiscono con opere monocanale e installazioni.

Arturo Martini, Il pastore, 1930, Galleria d’Arte Moderna, Roma

“Il vapore” di Bill Viola

In questa sede viene proposto un percorso più didascalico dove è richiesta una minore partecipazione attiva del visitatore. Unica eccezione l’istallazione “Il vapore” di Bill Viola (1975), che mediante una telecamera riprende chi con essa interagisce mixando la ripresa con le immagini del video.

Bill Viola, Il vapore, 1975, MAXXI, Roma

Le sale ripercorrono con dovizia di dettagli la storia di alcune delle più importanti rassegne di videoarte in Italia, come quella del Fondo del Centro Video Arte di Ferrara e dell’archivio Giaccari.

La videoarte di Fabrizio Plessi, Water, 1976, Collezione privata
Franco Vaccari, Esposizione in tempo reale n.6: Il mendicante elettronico -Der Bettler, 1973, Bologna

Il percorso fa luce sulle reciproche influenze tra la videoarte di quelli anni con l’architettura radicale e il design postmodernista, e le ibridazioni con la danza, il teatro e la tv. Tra le installazioni sono presenti opere di Fabio Mauri, Daniel Buren, Bill Viola, Cosimo Terlizzi, Umberto Bignardi, Masbedo, Fabrizio Plessi, Franco Vaccari, per citarne solo alcuni. 

Daniel Buren, D’un cadre à l’autre: 5 images/fragments d’un modèle retransmis directement à l’échelle 1/1, 1974/2022, Centre Pompidou, Parigi
Palazzo delle Esposizioni, Roma

Videoarte al Palazzo delle Esposizioni a Roma

Al Palazzo delle Esposizioni sono evidenziate le trasformazioni del formato installativo nel suo dialogo con lo spazio e con i dispositivi tecnologici, in un arco cronologico che va dalla fine degli anni Sessanta al XXI secolo. Tra gli artisti in mostra troviamo Marinella Pirelli, Michele Sambin, Giovanotti Mondani Meccanici, Mario Convertino, Studio Azzurro, Daniele Puppi, Rosa Barba, Danilo Correale, Elisa Giardina Papa, Quayola, Donato Piccolo.

Numerosi documenti, bozzetti, disegni, locandine, manifesti, fotografie e cataloghi affiancano le opere esposte, ripercorrendone il processo produttivo e il contesto storico.

Paolo Rosa, Quaderno con sequenza di schizzi progettuali per l’installazione interattiva CORO, 1994, Collezione Eredi Paolo Rosa
Rivista Frigidaire, n. 60/61

Il percorso della visita è aperto, senza un apparente inizio e fine: l’obiettivo è quello di porre l’accento sul carattere partecipativo della video art. 

Le opere di videoarte selezionate per la mostra

Le opere scelte infatti presuppongono una diretta azione del pubblico per dare vita al proprio funzionamento: è il caso di “Coro” (1992) dello Studio Azzurro, uno dei primi esempi di “ambiente sensibile”, dove il fruitore è invitato a calpestare un grande tappeto sul quale sono proiettati alcuni corpi addormentati e che reagiscono ai passi con movimenti e voci. 

Videoarte. Studio Azzurro, Coro, 1995, Collezione degli artisti

Un’altra installazione interattiva è “Film Ambiente” (1968-69-2004) di Marinella Pirelli, uno spazio dinamico, il cui suono è regolato da cellule fotosensibili che reagiscono al movimento del visitatore. 

Videoarte di Marina Pirelli, Film Ambiente, 1968-1969/2004

Altre più intime come “No More Sleep No More” (2016) di Danilo Correale, che riflette sull’importanza socio-politica del sonno e della veglia in epoca post-moderna: l’artista invita gli osservatori ad accomodarsi su due poltrone per ascoltare degli audio sul tema osservando delle immagini astratte ed oniriche. 

Danilo Correale, Still from No More Sleep No More, Collezione d’artista

A far luce sulle evoluzioni dei dispositivi tecnologici e sulle possibilità offerte dal supporto video ci pensano le opere di Michele Sambin, “Il tempo consuma” (1979/202), i Giovanotti Mondani Meccanici con il primo esempio di “Computer Comics” (1984), Daniele Puppi con “Fatica n. 24” (2004) e “Video Machine Mobile” (2022) di Donato Piccolo. 

Come ha spiegato la curatrice Valentina Valentini, il titolo trae origine da una conversazione avvenuta tra Bill Viola e Nam June Paik, nella quale quest’ultimo aveva accostato il piacere della video-arte a quello erotico, in quanto entrambi sono alla portata di tutti e per tutti: mezzi ludici che rendono felici. 

Il nostro pensiero sulla mostra della videoarte in Italia

Gli “ingredienti” per una bella mostra ci sono tutti. Tuttavia, qualcosa non funziona. Forse proprio questo aspetto di accessibilità e fruizione viene meno in alcuni casi, specialmente alla Galleria d’Arte Moderna dove capita, per esempio, di trovare in un solo monitor un numero eccessivo di video. Anche la scelta di lasciare esclusivamente ai QR code la parte delle spiegazioni è alquanto discutibile per una mostra che presenta delle opere di non facile comprensione per chi non è del settore. 

Tuttavia è sicuramente una mostra da vedere, anche soltanto per la varietà e la ricchezza del materiale presentato.

Alice Meini: Dopo la aurea magistrale in Storia dell’arte presso l’Università di Pisa, ha lavorato come mediatore museale e operatore bibliotecario. Successivamente ha conseguito un master in Progettazione di attività e percorsi didattici per le istituzioni culturali presso lo IED di Venezia con una tesi sulla peer education nei musei. Sogna un museo partecipativo, inclusivo e accessibile in grado di favorire il coinvolgimento attivo e creativo dei visitatori. Appassionata di cinema e letteratura, ama -anche troppo- le citazioni…pertanto ha deciso di chiudere questa bio con le parole di Enzo Mari: “tutti dovrebbero progettare…è l’unico modo per non essere progettati”.

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