Una delle opere d’arte più famose, che si trova al Museo del Louvre a Parigi, il museo più visitato al mondo, pensate che quasi 10 milioni di visitatori ogni anno accorrono per osservare il dipinto più famoso di Leonardo: la Gioconda.
È divenuta un’icona dopo esser stata rubata nell’agosto 1911, proprio al Louvre da Vincenzo Peruggia, il più famoso dei ladri d’arte.

Come avvenne il furto della Gioconda?
Tutto avvenne nella notte fra il 20 e il 21 agosto del 1911. Un imbianchino italiano, che lavorava al Louvre, e proprio per questo conosceva alla perfezione misure di sicurezza. Insieme a due compari, Peruggia, si intrufolò nel museo passandovi la notte.
Come ogni lunedì mattina il museo era chiuso ai visitatori, i tre entrarono indisturbati nel Salon Carrè abbigliati con loro camice bianco, si avvicinarono al dipinto, la rimossero la Gioconda dalla parete, sgattaiolarono passando da una porta di servizio laterale. Vestiti con i camici bianchi nessuno li notò fra gli addetti alla manutenzione e alla pulizia del lunedì.
Fino al martedì mattina, nessuno si accorse di nulla, fin quando due artisti, in visita al museo, si sono resero conto che il quadro non era più appeso al proprio posto.
Per due anni non vi fu alcuna notizia del dipinto: era sparito.
La polizia indagò e per un breve periodo addirittura fra i principali sospettati ci furono due nomi della storia dell’arte molto noti: Pablo Picasso e Guillaume Apollinaire, furono interrogati e subito rilasciati.
Un giornale francese offrì una ricompensa per i “chiaroveggenti”: ben cinquemila franchi.
Ma della Gioconda nessuna notizia!
Chi c’era davvero dietro il furto?
Per molto tempo anche questo rimase un mistero.
Inizialmente tutti credettero alla storia raccontata da Peruggia: aveva rubato il quadro per motivi patriottici, voleva che fosse riportato in Italia, alla fine un museo italiano era il suo posto!

Ma la storia non è esattamente questa: Peruggia agì su commissione.
La persona che pagò lui e i suoi complici (Vincenzo e Michele Lancelotti) era Eduardo de Valfierno che si faceva chiamare “Marqués”, ancora oggi si sa ben poco della sua vita!
A Marqués del dipinto interessava ben poco, voleva solo dimostrare al mondo intero che tutto ciò che desidera era in grado di ottenerlo.
Figlio di una famiglia benestante, procacciava dipinti su commissione, molto spesso, i suoi clienti non ricevevano gli originali, ma copie ben fatte prodotte da Yves Chaudron.
I due, a Buenos Aires, gestivano un vero e proprio atelier di falsi di Murillo, non vennero mai scoperti. Non correvano alcun rischio, nessuno che avesse commissionato un furto d’arte li avrebbe mai denunciati per avergli rifilato un falso!
Con la Gioconda operarono allo stesso modo: ancor prima di esser rubata fu offerta a diversi collezionisti, per la maggior parte americani. Quando su tutti i giornali uscì la notizia del furto, complessivamente vendette 6 copie, realizzate da Yves Chaudron.
La vera Gioconda non aveva mai lasciato Parigi, si trovava a soli 5 chilometri dal Louvre, nell’appartamento di Vincenzo Peruggia.
Per ben due anni il filibustiere di Vincenzo non ebbe più alcuna notizia dal suo committente, inizialmente pensò ad un disguido poi ad una rinuncia, a quel punto decise di organizzarsi in proprio.
Prese in quadro, andò a Firenze e lo offrì al direttore degli Uffizi. Venne arrestato il 12 dicembre 1913, la pena fu molto mite un anno e due settimane, ma lo psichiatra riconobbe l’infermità mentale e ridusse la pena a sette mesi. Al suo rilascio, In patria fu festeggiato come un eroe.

Che fine fece Eduardo de Valfierno?
Morì nel 1931, senza esser mai condannato per aver commissionato il furto della Gioconda. Era riuscito a far perdere abilmente le sue tracce, Peruggia non era a conoscenza neppure del suo vero nome.
Karl Decker fu l’unico giornalista che riuscì ad ottenere un’intervista, ma solo dopo la morte del Marquès potè pubblicare le sue conversazioni.
Quello della Gioconda è considerato, ancora oggi, il furto d’arte più clamoroso del XX secolo.