SECONDA PARTE

Il nuovo ideale estetico Rinascimentale

Macek nel suo libro descrive il nuovo ideale estetico così:

“L’ideale estetico era rappresentato da una biondina raggiante e dolce, cioè, come generalmente accade, l’opposto di quello per cui le donne italiane eccellevano per natura: capelli neri e carnagione scura. Va notato che la stragrande maggioranza delle Madonne dei pittori italiani sono – forse per inflessione della tradizione gotica – o bionde o con i
capelli castani. Anche nei busti ammiriamo la bionda bellezza delle donne fiorentine e delle altre donne italiane (si veda, per esempio, il busto dipinto e dorato di una giovane fiorentina al Louvre). Anche la lirica amorosa esaltava le donne bionde. Già Dante aveva confessato che gli sarebbe piaciuto toccare i biondi capelli della sua amata e, dopo il re dei poeti, anche altri cantori dell’amore esaltarono l’ideale di una bionda luminosa. È stata la moda a influenzare la creazione artistica o sono invece stati gli artisti ad imporre al pubblico il loro ideale di bellezza femminile?”

La storia delle donne e della loro condizione è una storia che passa quasi silenziosa, fatta di
sottomissione ed ubbidienza. L’educazione delle donne nel Rinascimento fu una delle innovazioni di quel periodo storico: le figlie dell’aristocrazia fino ai dodici anni rimanevano in convento, giunte in età da marito, lasciavano quest’ultimo per intraprendere la vita da mogli.

La sposa ideale del Quattrocento

Come lo stesso Leon Battista Alberti scrive: la sposa ideale del Quattrocento doveva avere doti morali quali la dignità, la discrezione e l’onestà; a queste virtù si dovevano aggiungere doti pratiche quali cucire, filare e governare casa. Essa dovrà essere fedele al marito, fertile, sempre obbediente, non dovrà mai uscire da sola e soprattutto non necessitava di molta istruzione.

Baldassare Castiglione nel suo “Cortegiano” elenca le virtù domestiche di una buona donna, moglie, nel Rinascimento che deve essere una padrona di casa accogliente verso gli ospiti intrattenendoli, deve, inoltre, conoscere e saper parlare di arte e lettere.

Naturalmente questi trattati descrivono le donne come si voleva che fossero e non come erano realmente.

Angelo Firenzuola, altro trattatista del Cinquecento, influenzato dall’opera di Baldassare
Castiglione
scrisse il “Dialogo delle bellezze delle donne”: Il modello di bellezza che il Firenzuola propone è quello neoplatonico presente nell’ ideale rinascimentale della donna oscurandone, tuttavia, le capacità intellettuali. Per l’appunto, il Gentil sesso è ridotto a mero modello vivente di bellezza:

“e la prima cosa che noi abbiamo a vedere, sarà che cosa sia questa bellezza in generale; la seconda, la  perfezione, l’ utilità ,o  vero  l’ uso  di ciaschedun  membro  in  particolare , di quelli però che si portano  scoperti . Perciò che, come  afferma   Marco   Tullio , la natura provide con  occulto  rimedio che quelle  membra , per  virtù  delle quali la  belleza  risulta più virtualmente, fussero  situate in  luogo   eminente ,  accioché   meglio  si potessero  riguardare  da ognuno; e di più, con  tacita persuasione indusse gli  uomini  e le  donne  a  portar  le  parti  di sopra  scoperte  e l’ inferiori   coperte ; perciò che quelle, come propria  siede  della  bellezza , si avevano a  vedere  e le altre non  era  così  necessario , perché son come un posamento delle  superiori  e come una  base ”.

Da queste poche parole si capisce come l’autore associ la bellezza all’utilità e a come ben riassume il canone etico-estetico rinascimentale. Ritornando, invece, al “Cortegiano” di Baldassarre Castiglione, egli scrive riguardo alla giusta bellezza femminile:

“Gran desiderio universalmente tengon tutte le donne di essere e, quando esser non possono, almen di parer belle; però, dove la natura in qualche parte in questo è mancata, esse si sforzano di supplir con l’artificio […] Non vi accorgete voi, quanto piú di grazia tenga una donna, la qual, se pur si acconcia, lo fa cosí parcamente e cosí poco, che chi la  vede sta in dubbio s’ella è concia o no, che un’altra, empiastrata tanto, che paia aversi posto alla faccia una maschera, e non osi ridere per non farsela crepare, né si muti mai di colore se non quando la mattina si veste; e poi tutto il remanente del giorno stia come statua di legno   immobile, comparendo solamente a lume di torze o, come mostrano i cauti mercatanti i lor panni, in loco oscuro? Quanto piú poi di tutte  piace una, dico, non brutta, che si conosca chiaramente non aver cosa alcuna in su la faccia, benché non sia cosí bianca né cosí rossa, ma col suo color nativo pallidetta e talor per vergogna o per altro  accidente tinta d’un ingenuo rossore, coi capelli a caso inornati e mal composti e coi gesti simplici e naturali, senza mostrar industria né studio d’esser bella? Questa è quella sprezzata purità gratissima agli occhi ed agli animi umani, i quali sempre temono essere dall’arte ingannati.  Piacciono molto in una donna i bei denti, perché non essendo cosí scoperti come la faccia, ma per lo piú del tempo stando nascosi, creder si po che non vi si ponga tanta cura per fargli belli, come nel  volto; pur chi ridesse senza proposito e solamente per mostrargli, scopriria l’arte e, benché belli gli avesse, a tutti pareria disgraziatissimo, come lo Egnazio catulliano. Il medesimo è delle mani; le quali, se delicate e belle sono, mostrate ignude a tempo, secondo che occorre operarle, e non per far veder la lor bellezza, lasciano di sé grandissimo desiderio e massimamente revestite di guanti; perché par che chi le ricopre non curi e non estimi molto che siano  vedute o no, ma cosí belle le abbia piú per natura che per studio o  diligenzia alcuna. Avete voi posto cura talor, quando, o per le strade  andando alle chiese o ad altro loco, o giocando o per altra causa, accade che una donna tanto della robba si leva, che il piede e  spesso  un poco di gambetta senza  pensarvi mostra? non vi pare che grandissima grazia tenga, se ivi si vede con una certa donnesca disposizione leggiadra ed attillata nei suoi chiapinetti di velluto, e calze polite? Certo a me piace egli molto e  credo  a tutti voi altri, perché ognun estima che la attillatura in parte cosí nascosa e rare volte veduta, sia a quella donna piú tosto naturale e propria che sforzata, e che ella di ciò non pensi acquistar laude alcuna”.

Il trattato di Castiglione cerca, tramite dialogo, di descrivere gli usi e i costumi del perfetto
cortigiano definendo piano piano i canoni ideali di bellezza femminile. Riassumendo in breve, la donna doveva essere l’esempio vivente di perfezione: moglie devota, fervida credente e ottima madre.

L’ideale estetico delle donne nel Rinascimento interpretato da Tiziano

Il nuovo ideale estetico rinascimentale di bellezza viene esemplificato, come sostiene Claudia Pancino in un suo saggio, con una tela realizzata da Tiziano nel 1514 ed intitolata “Amor sacro e Amor profano”. L’opera mette in risalto la bellezza canonica rinascimentale.

Le due donne raffigurate presentano caratteristiche tipiche del nuovo canone estetico: corpi grassocci e pelle molto chiara, viso ovale, capelli biondo rame, lunghi e mossi, occhi scuri, sopracciglia sottili, mani affusolate e carnose.

Tiziano, Amor Sacro e Amor profano. Un esempio di interpretazione dei canoni delle donne nel rinascimento
Tiziano, Amor Sacro e Amor profano

Giulia Bertuccelli

Storica dell’arte laureata all’Università di Pisa. Affianca per un anno una ditta privata di restauro (tirocinio- Ditta Restauro Garosi, Firenze) poi si forma professionalmente come assistente di galleria, trasferendosi in un secondo momento a Barcellona e lavorando per Espronceda Institute of Art and Culture. Fondatrice del blog Mag Arte, sogna l'estinzione dell' ignoranza. Ama leggere disegnare e scrivere poesie. Ha un forte senso del dovrei e dimostra meno danni di quelli che ha.

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